venerdì 26 aprile 2024
Racconti Grotteschi

BLOOD

C'eravamo ritrovati nel mio monolocale che possiedo in città per il solito pokerino settimanale, ma eravamo solo in tre, quando è suonato il cellulare di Marco.
Era Luca che ci avvertiva che non sarebbe arrivato, aveva la febbre e stava proprio male. Povero Luca, è già un bel po' che non è più lui, proprio adesso che deve discutere solo la tesi per laurearsi in medicina si sente sempre male.
Peccato, mi dispiace per lui ed anche per il pokerino che è saltato, in tre non viene bene, non mi diverte.
Tra l'altro fuori avevo anche incontrato Cinzia con la sua bimba piccola, ma avevo dovuto lasciarla perché ero già in ritardo per il poker, cazzo! con Cinzia ci sto bene insieme.
Quest'amico anarchico, quasi medico, come mi disturba che stia male….ma non ho voglia di tornare a casa, me ne vado perciò in giro per la città, gli altri se ne sono già andati via in auto…invece io sto girando a piedi.
Ricapitolando, Luca sta male, il pokerino è saltato, in tre non è bello, gli altri sono già andati via ognuno per conto suo: c'è un pub qui vicino, ci sono stato qualche volta anche con Cinzia, è proprio in centro.
Passo dove avevo salutato Cinzia, ma lei ovviamente se ne è andata, arrivo alla porta del pub, entro e mi siedo ad un tavolo.
Non c'è molta gente nel locale, è sempre presto, ordino uno spumantino secco. S'avvicina al tavolino un tipo che conosco solo di vista, alto magro, pantaloni e girocollo neri: è un habitué di questo locale.
Mi sorride, gli rispondo e si siede al mio tavolo, proprio davanti a me.
Tutto sommato sono contento della sua presenza, mi dimentico di Luca e di Cinzia: questo tipo mi piace, mi è sempre piaciuto dalla prima volta che l'ho visto, mi sembra un ragazzo molto simpatico ed intelligente.
Niente di sessuale, per l'amor di dio! Sono un etero puro e convinto, ma mi piace come tipo, mi affascinano i suoi modi eleganti di fare: sarà come me una bilancia?
Parla, parliamo, non so bene di cosa, ma mi sento sempre più a mio agio: qualche altro spumantino e poi una bella birra gigantesca e ben fresca.
Dei dadi vengono tirati sul tavolo è già un po' che stiamo giocando e con lui perdo, sto perdendo tutto quello che ho in tasca.
- Sarai costretto a pagarmi le bevute, se mi peli tutto!
Dico scherzando ed anche lui sorride.
Ecco ho perso tutto, ma non m'importa, anche il dispiacere per Luca s'è rintanato in un angolo nascosto della mia mente.
- Ho finito tutti i soldi, che ci giochiamo ora?
Ma sono felice, non m'importa d'essere finito al verde e poi le consumazioni le pagherà lui!
- Perché non giochi te stesso?
Sbaglio o il mio nuovo amico ha detto proprio cosi? Gli chiedo conferma e lui annuisce.
- Si gioca?
- Si gioca.
Per primo tiro i dadi ed escono un cinque ed un sei: undici.
- Bel colpo!
Poi sorride, scuote i dadi e tira: due sei.
- Cazzo! che culo!
Sono tuo, gli dico, e continuo a sorridere, al che lui mi guarda accattivante.
- Vieni con me?
- Sì.
Gli ho detto proprio di sì, ma di lui mi fido, lo seguirei all'inferno. Ho perso tutto, anche me stesso, mi sento leggero e liberato: ora sono suo, si sono suo.
- Vieni come me.
- Vengo.
E mi ritrovo in una sala antica, il pub improvvisamente è svanito, siamo seduti l'uno di fronte all'altro su comode rosse poltrone, mi guardo attorno, drappeggi alle pareti, quadri antichi, mobili d'epoca, un soffitto di legno intarsiato, il pavimento sembra d'onice e forse lo è, e sopra di esso sono posati vecchi tappeti.
Non scorgo finestre e neppure porte, ma forse sono nascoste dai tendaggi: siamo seduti l'uno di fronte all'altro e lui mi sta accarezzando i capelli; il suo nome, mi rendo conto che non conosco il suo nome.
Sono tranquillo rilassato, adesso gli chiedo come si chiama, ma sono felice.
Non capisco bene quello che sta succedendo, c'è nell'aria una musica che non riesco ad afferrare ed anche un profumo gradevole che non so definire.
Sono tranquillo, rilassato, ora gli chiedo il nome, sono felice, le palme delle nostre mani si toccano ed avviene uno scambio di sensazioni: dalle mani? Sì dalle mani, ma è qualcosa di più, è uno scambio piacevole, ma anche fisico, come se il sangue di noi due si mescolasse assieme e defluisse da un corpo all'altro.
Sento che è un dono, ma è un atto se pur gradevole, per me incomprensibile, come se fossi riempito all'interno di lui, e subito dopo sono io a riempire lui e ad esplorare ogni angolo, anche il più recondito, del suo corpo e della sua mente.
Non capisco, o forse ho compreso tutto troppo in fretta, nessuno mi aveva mai preparato ad esperienze simili e tutto è ovattato, come avvolto in una nebbia di vapori di sangue, che ci avvolge, che mi avvolge. Ma sono felice, non sono mai stato così felice, la sala ora offuscata, sembra una sauna rosa, la rugiada si posa su di noi e su ogni oggetto.
All'improvviso mi accorgo d'esser solo, tutto come in un sogno è svanito. Sono davanti alla porta chiusa del pub, l'aria è molto fresca, la notte è inoltrata, anzi è quasi mattino.
Mi rendo conto d'essere completamente nudo: i miei vestiti sono per terra, accanto a me. Mi riprendo ed immediatamente inizio a vestirmi, che figura, se passa qualcuno!
Ma non c'è un'anima in giro, scuoto più volte la testa mentre mi rivesto e tento di rifasarmi, non capisco cosa sia esattamente successo e mi avvio verso casa.
La passeggiata fino alla periferia mi tonifica, sento d'esser cambiato, qualcosa in più è in me, è come se avessi un'altra marcia, va bene… l'ingrano e via…
Ora sono del tutto cosciente, le nebbie si sono diradate, il bere mi ha fatto male? O l'amico in nero m'ha dato qualcosa?
Non so, ma poi metterò a fuoco, intanto apro il portone e salgo lentamente le scale di casa mia, entro e mi fermo sulla soglia della camera.
Lei sta dormendo: lei chi? Mia moglie, mia donna, mia amante? Non ricordo, ma è lo stesso.
E' quasi del tutto scoperta, il plaid è scivolato da un lato assieme al lenzuolo.
Mi avvicino con le mani protese verso il corpo profumato, lo tocco, poi con le dita penetro all'interno della sua carne, ne sento il calore e la sento pulsare.
Mi incuneo con le mani nel torace, afferro saldamente il cuore palpitante mentre lei seguita a dormire.
Pian piano le mani riescono fuori dal torace con il cuore martellante, ben stretto tra le dita. Esce dal suo torace e lo sollevo lentamente, dei filamenti dall'organo s'allungano fino alla sua pelle per entrare nel corpo come tubi elastici, il sangue pulsa entro di loro, scorre veloce.
Alzo il cuore sopra la mia testa mentre i collegamenti flessibili mantengono la loro consistenza e s'allungano senza apparente difficoltà.
Adesso il cuore è sopra la mia testa, lo tengo stretto con le mie mani, lo sento palpitare più che mai mentre lo stringo sempre più forte ed apro la bocca ed allora un fiotto di sangue zampilla dal cuore verso la mia bocca aperta.
Bevo avidamente il dolce nettare vitale, lascio scorrere il sangue anche sulla mia faccia, lascio che mi bagni i capelli e mi zampilli addosso.
All'improvviso mi rendo conto che così la sto uccidendo, non voglio, e con sforzo mi fermo.
Il fiotto di sangue s'arresta e lentamente riporto il cuore dentro di lei, lo rimetto nella sua posizione d'origine, poi estraggo lentamente le mani da dentro di lei.
Ora tutto è a posto, la carne non reca traccia del passaggio avvenuto, ma ho macchiato col sangue un po' dappertutto, vestiti, pavimento, coperte, ecc.
L'inesperienza m'ha preso la mano, questo non succederà mai più.
Lei è molto debole, ho veramente esagerato.
Prendo dal ripostiglio un sacco nero per la spazzatura ed infilo dentro ogni cosa sporca, poi prendo in collo lei e la poso nella vasca da bagno.
La lavo, la pulisco completamente, l'asciugo ed infine la poso dolcemente su un divano con una coperta addosso.
Pulisco tutta la stanza, rifaccio il letto. Solo allora la rimetto al suo posto, intanto è mattino avanzato.
Preparo un tè al latte e la sveglio. La faccio bere.
Lei dice d'essere molto stanca, mi chiede come ho fatto ieri notte a farla venire un casino di volte, mi confessa che ha avuto un orgasmo dietro l'altro per tutta la notte.
La rassicuro.
Dovrò comunque imparare a comportarmi, è stata la prima volta, ma ho commesso un sacco d'errori.


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PIXEL

dal fiore giapponese alla coscia di rana

galvanizzata, bisognerà dormire a lungo

prima d’accorgersi del cambiamento.

(Breton – Eluard)


L’annuncio in rete è particolarmente esplicito “occhi verdi, rossa, giovane, bella e disponibile”.

Digito la richiesta d’immagine e giungono alcuni particolari graziosamente invitanti, chiedo allora l’indirizzo e l’ho subito assieme ad un numero di cellulare.

Ma il nome della strada mi dice poco o niente, chissà perché non riesco mai a memorizzare le strade della mia città?

Mi collego al sito delle mappe, clicco l’indirizzo e dopo qualche avvicinamento, m’è subito chiara l’ubicazione di quella strada fuori dal centro cittadino.

Il giorno successivo, nel primo pomeriggio, mi reco all’indirizzo lungo una via di periferia che costeggia il vecchio tracciato ferroviario.

Fermo il modulo nel parcheggio del fabbricato – un fatiscente esempio d’edilizia popolare del XX secolo – e chiamo col cellulare.

Ho visto l’annuncio.
Dove sei?
Proprio sotto casa tua.
Sali allora.
Ma non so quale campanello suonare.
C’è scritto Raoul.
OK! Arrivo.
Adesso so qual è il campanello giusto, suono, il portone s’apre ed inizio a salire le buie scale.

…ti piace il sesso a pagamento, brutto porco…
Cazzo, ricomincio anche a sentire le voci, eppure è già un bel po’ che non mi faccio, ma ci penserà il mio strizzacervelli a chetarle del tutto.

Arrivo sulla porta e lei, rossa di capelli mi aspetta lì impalata al secondo piano avvolta in una vestaglia…..ma quale vestaglia, è un accappatoio rosa.

Sarà uscita ora dal bagno?

…ma quale bagno, ‘sta troia se ne fa uno dietro l’altro e figurati se ha tempo per fare il bagno…

Entro in un piccolo appartamento in penombra; camera con luci soffuse rosse.

Mentre si sfila l’accappatoio ed inizio a spogliarmi la mente mi fa strani giochi e vaga su una lettera inviata alla rivista “Penthouse” nel novembre del ’72 da un lettore.

E’ la lettera–citazione con la quale s’apre il romanzo “dr.Adder” quello che nessuna casa editrice voleva pubblicare.

…porco e fuso, fuso e porco…

“Anch’io sono favorevole a che la vostra rivista ospiti immagini di donne mutilate. Le donne con un braccio solo e soprattutto quelle con una sola gamba offrono un’eccitazione unica, e un servizio fotografico con belle ragazze mutilate sicuramente sarebbe gradito ai lettori”

Cazzo ma che mi viene in mente? Rimugino mentre sono alle prese coi lacci delle scarpe che non ci pensano neppure di farsi sciogliere.

…dovevi venire con una motosega se sono questi i tuoi gusti attuali…

Scaccio l’intruso pensiero dalla mente, questo alter ego, o fondo-voce da ex tossico m’ha proprio rotto i coglioni, io sì che ora m’amputo questa parte di cervello.

Con la mano scaccio virtuali moscerini ed anche folli idee, lei intanto s’è già spogliata ed è seduta sul letto ad aspettarmi.

Finalmente mi libero dalle scarpe e finisco di svestirmi mentre l’osservo nella penombra rossa che sembra farsi di sostanza densa, c’è anche una musichetta in sottofondo che prima non avevo notato.

Sono nudo accanto a lei quando mi sembra che la sua gamba sinistra sia ora amputata e sul moncherino della coscia, attraverso l’aria che s’è fatta sempre più nebbiosa, quasi densa, scorgo un tatuaggio:

A

Ma non è la testa di un serpente fatta con penne a sfera e spille come quello delle puttane del dr.Adder; rappresenta una formica, perché una formichina?…

…sei fuso, andato completamente, dai tira fuori la motosega e poi con la biro e le spille falle il lavoretto…e poi guarda che non è mica una formica….

E’ una formica, ed è ben fatta, è un lavoro professionale e non casereccio; osservo più attentamente il tatuaggio che si trova sul moncherino e mi accorgo che adesso è anche su una sua spalla.

Lei intanto completamente ignara dei miei voli, ha iniziato a succhiarmelo professionalmente e prima o durante, borbotta qualcosa sul fatto che il sole se ne è nuovamente andato.

…come te, bello mio…

Si lamenta del sole partito, ma qui è quasi buio, che cazzo se ne fa del sole questa qui.

Intanto le sue carni mi sembrano avvizzite, ma poi tutto torna normale, anche il moncherino più non c’è ed al suo posto trovo una giovane flessuosa gamba, integra come l’altra.

Mi sdraio del tutto sul letto e mi lascio fare.

Ci connettiamo con l’induttore o lo facciamo al naturale?
Al naturale, ne ho piene le palle dei marchingegni virtuali.
Come preferisci.
Ma come ti chiami?
Tatiana.
E mi suona falso, mi sto chiedendo se non sia Giuliana, una battona che ho sbattuto qualche volta anni addietro.

…Tatiana un cazzo! ti sei accorto anche tu, vero, chi è?

Che palle le voci! Ma una volta non le sentivano solo i santi? Comunque questa è Giuliana, e ora glielo chiedo…

E s’è amputata per più piacere, il tatuaggio però non torna, non è quello giusto, avrebbe dovuto essere una testa di serpente e fatto a mano con penna biro e spilli.

Le lascio un centone sul letto, perché mi sembra che abbia finito.

Fermo! Che fai?
………..
Non si mettono i soldi sul letto!
Per l’igiene?
No cretino! Portano sfiga.
Non lo sapevo, non succederà più.
E velocemente riprendo il centone e lo poso sul comodino.

Lei parla, parla, ma non la seguo, voglio chiederle se è Giuliana, ma non mi riesce, e dopo mi accorgo che neppure mi frega e mi ritrovo vestito di tutto punto fuori sul pianerottolo con la porta che si chiude mentre lei mi da un bacio sulla guancia e:

Torna presto, amore.
Secondo me è Giuliana, scendo le scale, risalgo sul modulo, sono seduto davanti alla consolle pronto per partire, ma ho un presentimento: mi sbottono in fretta i pantaloni e guardo la mia coscia sinistra.

Lo sapevo! C’è tatuata una…. (formica?)

A

Mi rimetto a posto i pantaloni e scendo dal modulo, vado verso il portone, voglio risalire ed avere spiegazioni.

Ma il portone non è lo stesso e la fila dei campanelli è diversa e con nomi sconosciuti, la maggior parte dei quali sono scritti in arabo, solo il numero civico è quello giusto.

“Brutta troia amputata e anche araba” mormoro tra me e me mentre metto in moto.

….la prossima volta, dammi retta torna con la motosega…

Mi sa che darò retta all’alter ego, la prossima volta.

….e falle il lavoretto…

Mi ritrovo pure un tattoo, ma è una formica?

Formica, non formica, so un cazzo, comunque sempre uno schifosissimo insetto è.



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Storia di una sbronza

molliche di pane in fila distese sul tavolo. accanto ad un giornale sporco di caffè. odore di chiuso e sigarette nella vacuità circostante. io disteso sul letto spoglio e vuoto di qualche stanza. gli occhi gonfi di sonno. il tempo che trapassa le imposte della finestra e cerca di venirmi a svegliare. ma io sono da un' altra parte. il mio corpo è lì immobile, stanco, incoerente fino all' ultimo, deciso ad aspettare. il telefono non è più in funzione, la cassetta delle lettere è piena di volantini e quindi è come dire che fosse vuota, i vestiti sono sparsi un pò ovunque e c'è in questo momento una sensazione di attesa che aleggia disinvolta nell' aria che non posso più respirare. il mio corpo è supino, non riesco a svegliarlo, vorrei provare, ma mi sento come immobilizzato in un luogo che non riconosco o che non ho mai conosciuto. la stanza è semibuia, proprio come piace a me, e la temperatura è quella ideale per fare qualsiasi cosa. morire amare fumare parlare scopare guardarsi negli occhi e rimanere in silenzio.
CITTA' DEL MESSICO

apro gli occhi alla luce del sole.

mi ferisce la luminosità, l' oro, il riflesso azzurro del sole ma sono ferite da cui non vorrei mai guarire. mi alzo dalla panchina.

un vortice mi svuota lo stomaco di ogni possibile decisione. mi giro e vomito accanto alla panchina. la testa è leggera, non c' è rimasto più niente dentro. e mi viene da sorridere a questo pensiero. è così buffo. chissà che forma hanno i pensieri nella nostra mente o le emozioni e la forma dell' amore quale può essere. forse non hanno forma forse sono elementi gassosi che galleggiano nella scatola cranica e poi si condensano un pò come le nuvole e quando parte un fulmine allora arriva il pensiero dentro di noi e allora ci rallegriamo di essere così perfetti e la vita ci appare così naturale. un prodotto della nostra intelligenza. ma nella mia testa, invece di nubi e lampi è rimasto un profondo e caldo deserto, dal quale ho estirpato nel corso degli anni e con molta cura varie manifestazioni dell' agire umano. la competizione la vittoria il successo la verità la soddisfazione e le parole. soprattutto le parole. demoni travestiti. l' inferno di ogni uomo è nelle sue parole.

mi alzo comunque. per veder cosa ho intorno. mi sembra di essere in un parco. e l' aria è calma e confortante. i bambini mi girano intorno giocando. mi tocco la faccia. è ruvida. penso chissà come è la mia faccia. cioè come la vedono gli altri. sono parecchi giorni o forse settimane che non mi guardo in uno specchio. comunque sia, i fatti non sarebberro cambiati. ma quali sono i fatti? non ne ho la più che minima idea. è tanto per pensare qualcosa. anzi a dire la verità non so neanche dove mi trovo, voglio dire in che città o cosa ci sia venuto a fare, o forse non mi sono mosso, ma questo parco nella mia città non l' ho mai visto. comunque la cosa non mi interessa. mi sento stanco dopo solo cinque minuti che sono in piedi. la vita. la candela che brucia. mi rimetto a sedere. mi guardo le scarpe. vicino al mio piede, anzi alla mia scarpa mi sembra di vedere un giornaletto porno, lo prendo. lo apro e lo sfoglio. interessante. era un pò di tempo che non vedevo una bella fica. da vicino voglio dire. e a pensarci bene devo dire che mi mancava. anzi mi era sempre mancata. e lì su quelle pagine vedevo una scopata dietro l' altra e donne che succhiavano cazzi e uomini che leccavano fiche e posizioni sempre più assurde ma quelle persone mi sembravano stranamente consapevoli di quello che stavano facendo, e forse il pensare di sopravvivere, di guadagnare soldi scopando o masturbandosi li doveva in qualche modo far sorridere e sollevarli dallo stato di apatia e dolore nel quale era caduto la gran parte delle persone. e mi venne da pensare che la pornografia era la nostra vita. o per lo meno il modo in cui la stavamo sprecando o vendendo. al migliore offerente. comunque.

lascio il giornaletto sulla panchina. accanto a me. come un mio amico.

mi alzo. di nuovo. ho voglia di fare un giro per il parco. ma appena in piedi vedo dietro la panchina un prato così pulito e verde e calmo che non resisto. faccio alcuni passi, supero la panchina, mi porto proprio nel centro luminoso del verde, lascio cadere i miei pensieri e mi sdraio. di nuovo ho solo l' azzurro caldo negli occhi e mi chiedo se questo sia il paradiso.

rimango disteso. in pace. ascoltando senza capire quello che accade intorno. mi metto un braccio sugli occhi. e il nero che mi ricopre è rassicurante. cerco di riaddormentarmi un poco. cerco di rilassarmi. di lasciarmi andare. inizio a sentire anche un poco di caldo. mi levo la giacca. la appallottolo. e me la metto sotto la testa. come un cuscino. che meraviglia. che perfezione. ma che posto è mai questo? sono così tranquillo. e appacificato con il mondo. non mi sembra reale. è un angolo di sicurezza. un misterioso frammento di pace. mi accomodo sempre meglio. mi stiro. mi giro. ed ho sempre nel corpo questa sensazione di benessere. è fantastico. sento una voce cantare "nella meraviglia del mondo non è possibile concentrarsi". poi la voce si allontana e non riesco più a sentire le altre parole della canzone. che comunque mi pare di non avere mai conosciuto. pazienza. nel mondo esistono milioni di cose e di persone di cui non avrei saputo mai nulla. era la vita. meglio non pensarci. meglio restare sdraiati a dormire. e lasciare scorrere il tempo. meglio farsi come amica la noia. piuttosto che cercare di trovare sempre qualcosa da fare. sento la gola secca. il sole si sta alzando. è meglio che cerchi qualcosa da bere. mi alzo. raccolgo la giacca. me la metto in mano. e mi incammino per il parco. ora nasce un problema.

SOLDI

mi metto una mano in tasca. in quella dei pantaloni. in quelle della giacca. ma niente. non c'è niente. tranne qualche sigaretta. un accendino. una scatoletta di fiammiferi. cazzo i soldi. non ho un cazzo. per comprare da bere. si intende. forse anche qualcosa di differente mi sarebbe servito. ma a suo tempo. ora il mio unico bisogno è di bere qualcosa. a scuola avevo imparato che per ogni problema c' era una soluzione. soprattutto nella matematica. è per questo che non l' ho mai sopportata. è la questione delle soluzioni. io sono incapace a trovare soluzioni. mi bastano i problemi. però questa volta sono costretto a muovermi. si capisce. sono senza soldi. soluzione. mi metto a chiedere la carità. forse qualcuno si ricorda di essere un uomo, mi vede in difficoltà e mi fa dono di una parte del suo denaro. molto improbabile. ma ci provo. è una cosa che ho sempre desiderato fare. alle persone piace sentirsi superiori. la carità non è altro che egoismo. a meno che non sia io a farla. io la faccio, quando posso permettermelo, perchè sento una unione con quelle persone silenziose in ginocchio con gli occhi bassi, che aspettano i soldi per arrivare alla notte. per arrivare alla loro morte. il più tardi possibile. per strappare ancora alla vita una piccola illusione che non sia di dolore. mi metto inginocchiato per terra. con gli occhi bassi. le mani stese lungo i fianchi. e aspetto. aspetto la carità. aspetto l ' altruismo e la fratellanza umana. aspetto. in silenzio. come un santo. un idiota. un umile servo di dio. ma la mia attesa non è ricompensata dalla benchè minima fortuna. nessuno ha gettato o posato davanti a me qualche soldo. l' indifferenza mi è passata intorno più volte. tirando avanti. ma io sono deciso e continuo ad aspettare e mentre lo faccio perdo sempre di più il contatto con la realtà e credo di entrare in una sorta di meditazione e inizio a ricordare. qualcosa. qualcosa di quando ero giovane. e anche allora mi piaceva aspettare o forse ero costretto a farlo. e mi mancavano le ragazze e la fortuna e il successo e la tranquillità. e desideravo di poter passare ogni notte del mio futuro con una donna diversa. e con ognuna di loro avrei voluto ridere e scopare e fargli vedere quanto fossi spiritoso se preso per il lato giusto. e mi vengono in mente i volti di quelle persone che credevo mi restassero accanto per tutta la vita. credevo in un legame magico tra me e loro. e ci sono stati dei momenti di sconforto. intorno ai ventanni mi sembra. in cui tutto era così confuso e io ero letteralmente sommerso da una insolita forma di pazzia che mi danzava nel cervello. e credo di aver fatto in quel periodo molte cose senza senso. soprattutto perchè un senso mancava alla mia vita. e tutto quello che volevo era una ragazza con cui poter dividere il mio letto. ma ancora non lo sapevo. e mi affannavo dietro all' inutilità di ogni azione che mi distoglieva dal mio più profondo istinto vitale. l' amore. ma ora sono passati anni e alla confusione, alla follia di allora si è aggiunta quella di oggi, quella di ogni giorno che passa e mi lascia stordito, ma ora sono diverso in un modo differente. ora ho smesso di preoccuparmi. ma questo è solo l' inizio di un altro drammatico viaggio nell' esistenza. qui siamo in un' altra parte. qui siamo. e io sono sempre inginocchiato. e i pensieri si sono sciolti improvvisamente. e io non so quanto tempo è passato. so solo che sono ancora in questa posizione. con gli occhi abbassati. e gonfi. con la sete che aumenta. basta. affanculo i soldi e la carità. basta. mi sono rotto. mi alzo. senza aver guadagnato niente. senza aver perso niente. solo più vecchio di qualche ora. solo più stupido e solo. senza nulla da perdere. ora sono in piedi. mi incammino guidato dal caso.

e giro per le stradine del parco. facendo un gioco che mi faceva sentire speciale quando ero ancora un ragazzo. camminare fra le persone senza guardarle mai negli occhi, anche se ci sbatti contro o se ti ci fermi vicino. tirare dritto con gli occhi persi a mezzaria, con aria indifferente come se possedessi un segreto che ti rende migliore di tutti gli altri. è stato questo il mio peggiore difetto per molti anni. sentirmi il migliore. ma la vita ha trovato sempre la sua fantasiosa maniera per mettermelo nel culo. ormai ci ho fatto l' abitudine. comunque mi trascino in questo modo fra la gente, fino a quando non sono stanco di nuovo e mi siedo accaldato su una panchina. differente e uguale a quella sulla quale mi ero svegliato.



LA TEORIA DEL CAOS

bene. la vita è governata dal caos. la vita è semplicemente dolore e angoscia. ma ha i suoi trucchi. per farti andare avanti. per farti continuare. quindi la felicità è l' eccezione che conferma la regola. la felicità è l' illusione che ti fa vedere la vita come potrebbe essere e non sarà mai. ed è questa contraddizione che spinge gli uomini verso la follia. o per lo meno ha spinto la mia mente ad impazzire o forse a raggiungere un più alto grado di conoscenza. o di idiozia. non ho termini di paragone con cui confrontarmi. comunque sia è il caos che guida le nostre scelte, l' amore, la fortuna e tutto il resto.

IL VINO

che strani pensieri mi sono passati nella testa mentre sono stato seduto. è molto tempo che non ascolto più la mia mente. credo che sia morta alcuni anni fa. in un tragico incidente d' amore. mi piacerebbe pensare. comunque non mi ricordo cosa sia successo. e non lo voglio neanche sapere. cristo di un dio, sono seduto qui a pensare e invece dovrei starmi a scolare una bella bottiglia. ho così sete. perdio. devo fare assolutamente qualcosa. la morte aspetta sorridendo le vittorie dell' uomo.



cosa hai detto amico? si parlo con te che mi stai fissando. perchè mi dici queste cose? io non le capisco. io sono un fallito. perdi il tuo tempo in un altro modo. ma smettila di guardarmi ti prego. lasciami andare. liberami dai tuoi occhi.



e il tizio con gli occhiali continua a fissarmi. ma chi cazzo è mi domando. mi sta innervosendo. è immobile e fisso nei miei occhi. distolgo lo sguardo. sono un vigliacco e non voglio problemi. lui allora si decide e si avvicina. mi si ferma davanti. tira fuori dalla tasca un pò di soldi e me li mette nelle mani. le sue sono fredde. strano penso. è una così bella giornata.

" io ti conosco" mi dice.

poi si gira e se ne va chissà dove. e questa è la teoria del caos.

mi metto i soldi in tasca. mi alzo e una strana euforia mi trattiene lo stomaco. che sensazione lontana. dove sono stato in tutto questo tempo? dove sono ora? e soprattutto dove è un negozio di liquori?

cerco l' uscita del parco. forse ce ne sono due penso. o forse migliaia e allora a cosa serve pensare dove sia l' uscita? mi allontano. vagando. seguendo la strada. seguendo quella strana forza che ci sospinge quando non abbiamo più la forza di andare avanti. l' inerzia di vivere. la nostra ultima e precaria risorsa. e giro e cammino e vago. e il sole è ormai alto forse le tre del pomeriggio forse le quattro forse nessuna di queste ore forse è notte e io sto sognando che sia giorno non c'è nulla che mi dia sicurezza non c' è nulla a cui possa aggrapparmi. mi lascio andare. lascio andare le gambe. fino a quando saranno stanche e io dovrò fermarmi.

continuo a camminare. con gli occhi bassi. guardando ogni tanto i bambini che giocano e mi sorridono. e le bambine, così innocentemente stupende, correre nei loro vestiti di carta. e cammino seguendo queste stradine di terra battutta che si distendono sotto i miei occhi. e inizio a pensare che il parco deve essere enorme. ancora non ho visto un ' uscita. una via di uscita. forse dovrei fermarmi e chiedere a qualcuno.



INTRUSIONE

"Vorresti dirmi di grazia quale strada prendere per uscire di qui?"

"Dipende soprattutto da dove vuoi andare" disse il Gatto

"Non m' importa molto" disse Alice

"Allora non importa che strada prendi" disse il Gatto

DOMANDE

cosa cazzo hai detto? Alice? un gatto? guarda che la panchina dove mi sono fermato è vuota. anzi a dire la verità non so neanche io perchè mi ci sono fermato. e poi quelle strane parole nella mia mente. ma che cazzo è successo? cosa significa? perchè non riesco a uscire da questo maledetto parco? voglio solo trovare qualcosa da bere. adesso ho anche i soldi. ma Alice... cristo questo nome mi ricorda qualcosa. Alice. dove...

alzo gli occhi. è quasi sera. è quasi il tramonto. cristo. una bella sorsata. è il momento più bello di tutti questo e io sono qui. sul baratro della follia. ho avuto una visione. direi. non c' è altra spiegazione. ma spiegazione a cosa? cosa dovrei spiegare? forse io ero Alice? forse io sono Alice. e il gatto? il gatto forse è la mia mente. allora mi sono domandato e risposto da solo? forse. l' incertezza è ovunque. l' incertezza è la vita. meglio così. basta. è meglio che mi rincammini. non vorrei svegliarmi di nuovo su una di queste panchine domani mattina. riabbasso lo sguardo. sono di nuovo in cammino. ora l' aria è fresca. e il cielo sta diventando di quel colore che piace a me. e io sono troppo agitato e ho troppe domande per un' ora come questa. sembra che sia tornato indietro di ventanni. silenzio. lascia riposare la testa. silenzio e passi. i miei. silenzio e voci di uomini e bambini che si preparano per tornare a casa. chiudo gli occhi. buio e tranquillità. sono di nuovo io. sono di nuovo la memoria di me stesso.



SBRONZA

esco da un locale. non so come si sono arrivato. non so perchè ora sono uscito. forse ho finito i soldi. forse mi hanno cacciato perchè infastidivo i clienti o qualche bella signora. sono ubriaco.

...una certezza che ti vuota la testa...

mi gira tutto. i passi sono incerti. barcollo. non mi preoccupa molto il mio apetto. anzi mi fa piacere che mi vedano così. loro. mi fa sentire importante. differente. migliore forse per un attimo.

...la sintesi è che la vita è una merda...

un passo dietro l' altro. a caso. così come capitano. leggero. mi trascino. vagando. guardando le persone finalmente negli occhi. ridendo. sentendomi stranamente allegro. disposto a parlare. ad aprirmi. a raccontare quel dolore che ormai mi accompagna da anni. è notte. tra un' onda di disattenzione e un' altra. e la gente mi scivola accanto. e io regalo sorrisi. e urlo. e grido. e canto. e sembra tutto uno spettacolo così divertente. e dico un parola a quello e sorrido ingenuamente a quella ragazza appoggiata a un muro.

...domani sarà tutto finito...

e cosa ci posso fare. è la vita. domani viene sempre. e ogni cosa ogni volta finisce. e ogni volta si muore e si rinasce. bisogna farci l' abitudine. bisogna provare a non trattenere nulla. ma io non riesco neanche a trattenere tutta la roba che mi sono bevuto. mi sale una botta alla testa. mi viene su tutto. mi piego in due. vomito tutta la mia allegria sulla strada. vomito le parole leggere e gli sguardi carichi di sensualità. vomito la mia felicità e il riposo di alcuni momenti trascorsi senza soffrire. mi sento uno schifo. mi sento svuotato e povero. mi sento una vera merda ambulante. mi passo una mano sulla bocca. mi devo sedere. mi devo fermare. ma sono fermo. e tutto si muove e mi trascina lontano e chiudo gli occhi e mi lascio andare e sento le gambe muoversi e lo stomaco muoversi e mi ripiego in due e lascio di nuovo che gli ultimi istanti di consapevolezza cadono caotici e inorriditi dalla mia bocca. non so dove sono. voglio solo chiudere con tutto. voglio solo sdraiarmi e porre fine a tutto. mi lascio cadere.

IN QUALSIASI POSTO LONTANO DA QUI

non sento più nulla. gli occhi sono aperti ma è tutto buio. il mio corpo è immobile. la testa è così sensibile. ma per fortuna non c'è nessun rumore a disturbarla. che strano. questa quiete mi ricorda qualcosa. mi ricorda di quando da ragazzo mi svegliavo dopo essermi ubriacato. e certe mattine la cosa era insopportabile. perchè la testa mi martellava e io non potevo soffrire nessun rumore. nè le parole. nè la musica. nè il mio respiro e poi a volte mi riaddormentavo e strani giochi faceva la mia mente. e si allontanava da sola e io rimanevo lì disteso. nella mia camera semibuia. con un odore di sigarette e chiuso per il resto della casa. e molliche di pane dolcemente distese sul tavolo. indifferenti come sempre a quello che le circondava.


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STORIA DI UN MINUTO

oggi ho incontrato dio. nello specchio del bagno. aveva occhi verdi e capelli lunghi. aveva la barba incolta e uno sguardo triste. si è tolto la maglietta. si è toccato i capezzoli. guardandomi. senza illuminarmi. senza dirmi la sua parola. senza farmi sentire santo o purificato. e ho visto la sua mano scendere. accarezzare il suo corpo. e l' ho visto togliersi le mutande. e prendersi il cazzo in mano. ho visto il cazzo di dio. e ha iniziato a masturbarsi fissandomi negli occhi. e io ero lì a guardarlo. cercando di capire e di afferrare quello che non avrei mai capito e mai afferrato. e vedevo la sua mano muoversi dolcemente. seguendo i ritmi del suo corpo e dei suoi desideri. perchè anche dio ha un corpo. e anche lui ha voglia di scopare e di eccitarsi e oggi è venuto a farmi visita. con il cazzo in mano. a masturbarsi davanti ai miei occhi. e poi ha allungato una mano e ha iniziato a toccarmi. e io l' ho lasciato fare. perchè lui era dio. ed io ero solo uno stupido uomo. con tante paure e molte insicurezze, con tante donne da volere amare e senza riuscire ad essere amato da nessuna di loro, con un cuore vagabondo e un corpo restio alla felicità. e l' ho lasciato fare. e ha iniziato a masturbarmi. e mi ha eccitato. e lo fissavo negli occhi. senza timore. perchè lui era dio e io ero l' Uomo. e allora ho preso coraggio e gli ho sussurrato di succhiarmelo. e lui si è inchinato e l' ha preso in bocca. e me l' ha succhiato tutto. e io ho atteso con calma che facesse per bene il suo lavoro. e sono venuto nella bocca di dio. e questo è stato il mio tributo alla creazione. alla perfezione delle cose. e dio è molto più bravo del diavolo nel succhiare i cazzi. e si è rialzato e i nostri occhi si sono di nuovo fissati. e i miei erano uguali ai suoi. e il suo corpo era uguale al mio. e il suo cazzo era lungo come il mio. e ho detto. grazie dio. per la prima volta nella mia vita. e lui ha sorriso e io ho sorriso.


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