venerdì 19 aprile 2024
Racconti Fiabeschi

LA FIABA DELL'ALTRUISMO

Un rubicondo e roseo folletto dagli occhi ridenti ed il paffuto visino, si aggirava felice e curioso tra i secolari ed immensi alberi e verdi cespugli di Attentolandia.
Ad un tratto, mentre si trovava indaffarato a cogliere fiori dalle più svariate sfumature di colore ed essenza e a saggiare lucide e corpose bacche dall'intenso sapore selvatico, udì uno stridulo lamento umano, provenire a breve distanza dalle sue spalle grassottelle. Non ne fu allarmato e nemmeno impaurito, solamente curioso: (del resto come ogni folletto che si rispetti) si avvicinò sospettoso al grande incavo di un'enorme quercia, da dove si accorse, proveniva il debole ma irritante lamento. Scrutò rapidamente l'interno e di colpo esclamò: "Oh mio Dio; povera, indifesa e cara vecchietta, sta tremando, ma cosa le è successo, chi l'ha maltrattata?".
"N-nessuno figliolo, m-ma grazie, g-grazie al cielo qualcuno mi ha trovato, ooh; che mal di stomaco, mi s-sento morire; s-stavo cogliendo i funghi, e-ero s-s-sicura di quel c-che facevo come ero sicura che l'apparente p-porcino che ho scorto nell'incavo di questo grande tronco f-fosse commestibile; c-così gli ho dato una lieve leccatina e…ooh-ooooh-ooooooh; che mal di stomaco, n- non riesco a reggermi in piedi".
"Non si dia altre pene, cara nonnina". Rispose Ciccetto (tale era il nome del rubicondo folletto). "La porterò in salvo nella mia capanna dove la curerò con una magica ricetta d'erbe mediche".
Fu così che Ciccetto, paffuto ma dotato di discreta energia, si caricò l'indebolita e leggera vecchietta nelle spalle, dirigendosi poi a grandi ed agili balzi verso la sua capanna.
Appena entrati nella piccola ma deliziosa casetta, decorata da mille strani e simpatici oggetti; distese l'anziana signora nel suo comodo lettino, prese diverse erbe mediche dal fornitissimo armadietto dei medicinali e mentre la vecchietta, con frasi a tratti spezzate da gemiti di dolore raccontava la triste storia della propria vita, Ciccietto preparava un magico infuso guaritore insegnatogli dal bisnonno Mattia.
Mentre mischiava con cura e metodicità le varie erbe pensava: "Oh, che drammatica esistenza ha avuto questa povera creatura; non ha mai conosciuto la madre, a undici anni le è morto il padre; unico affetto, unica figura protettiva; si è ritrovata sola; sola con una catapecchia come abitazione, senza cibo e senza lavoro, costretta ad arrangiarsi, a tentare di sopravvivere, sempre con la paura, sempre con la fame alle calcagna; ecco perché si era spinta sino a qui alla ricerca di funghi, chissà da quanto tempo non mangiava qualcosa di decente; un po' di carne ad esempio; le farò una sorpresa".
Terminò il suo arcaico intruglio e lo offrì con gentilezza alla signora che non appena finì di berlo, percepì svanire il suo dolore ed in contemporanea riaffiorare un po' delle forze perdute, ma con esse però anche le strette e dolorose morse della fame; si rialzò e con lo sguardo cercò il simpatico folletto per ringraziarlo di tutto, volse lo sguardo a destra, a sinistra, fino a che cadde sul tavolo e….SORPRESA: il tavolo era apparecchiato da una delicata tovaglia in rosso porpora, un piatto in ceramica decorato a mano, un bicchiere in cristallo con laboriose rifiniture in oro massiccio, un magnifico tovagliolo allo stesso stile della tovaglia, una forchetta in argento ed un affilatissimo coltello dal manico in grigia madreperla e la tagliente lama in acciaio.
Ma la grande sorpresa era proprio al centro, disposta in un tagliere in robusto legno d'abete; grasso, morbido, fremente, grondante di liquidi caldi, rosa, visibilmente eccitato e totalmente nudo, era proprio lui; Ciccietto, che con un sottile tono di voce soffocato da risatine morbose ed eccitate sussurrò: " avanti, mangiami!".
L'affamata vecchietta fu sconcertata da tale visione, ma aveva così fame e a pensarci bene quella sottospecie di maialino in agrodolce era alquanto invitante. Fu così che, a passi incerti, si avvicinò al tavolo, il folletto allungando il grassoccio braccino le scostò la sedia, e con fare insicuro e trasognato lei si sedette; più la vecchia lo guardava, più le ricordava un profumato ed oleoso maiale al latte; ad un tratto il folletto con un tono di voce tremendamente eccitato sibilò: "buon appetito" e di nuovo allungando le sue gocciolanti e profumate bracciotte porse le posate alla vecchia signora, che con le lacrime agli occhi per l'immensa generosità di quell'esserino mormorò: "grazie".
Lentamente iniziò a posare la fredda lama del coltello nel bollente pancino di Ciccietto, e con delicatezza premette; la tenera ed odorosa carne si aprì come il burro, il sangue caldo, denso, e dolce zampillò con un fiotto a ridosso del volto pallido e scarno della vecchia. Ciccietto ebbe un sussulto di piacere, roteò all'indietro gli occhi e di nuovo un sussulto. "poverino" pensò la vecchia "chissà quale atroce sofferenza". Ma cambiò presto idea quando si accorse che dal minuscolo pene in erezione della bestiolina, sgorgavano biancastri rivoli di liquido lattiginoso e viscido.
Perse ogni rispetto, rimase inorridita, il morboso maiale stava per dire qualcos'altro, ma la vecchia con un colpo secco e ben mirato tranciò alla bestiola il minuscolo moncherino, che divorò in un sol boccone; quant'era saporita quella morbida carne, mai avrebbe potuto immaginare un sapore tanto piacevole. Il folletto, ancora vivo, stava borbottando frasi di confuso piacere, ma la vecchia si era seccata di ascoltarlo; lui era solo uno stupido e malato maiale era inutile ascoltarlo. L'affilata e lucente lama fendette l'aria producendo un fischio acuto, simile all'urlo di un suino durante lo sgozzò e terminò il breve e fulmineo percorso imprimendosi, trapassando e recidendo come il flebile gambo di un fiore, la tenera e grassa gola di Ciccetto. Quest'ultimo pero', prima di spirare, riuscì ad indirizzare alla vecchia uno sguardo furibondo, carico d'odio, ira e un'enorme, folle carica d'assurdo egoismo, non doveva concludersi tutto così in fretta, lui voleva godere ancora. Ora mai non c'era più motivo di compassione nella mente dell'anziana donna accecata dalla fame, fu così che con mostruosa ma comprensibile foga, iniziò a squartare e ad ingoiare le deliziose e prelibate carni, fu un pasto reale degno degli dei, una volta sazia, di Ciccietto non erano rimaste che le flaccide e fredde cornee degli occhi, nient'altro, persino le tenere, saporite e bianche ossa erano state divorate. L'ormai sazia vecchia usò il candido tovagliolo per pulirsi le gelide e bluastre guance dal rosso contrastante sangue di Ciccietto, due lacrime fluirono dai secchi e rovinati occhi della donna, non erano lacrime di felicità; dopo una breve riflessione congiunse le braccia e con lo sguardo rivolto al soffitto disse: "Grazie, grazie al cielo esistono esseri utili come Ciccietto, Grazie".
Fu così che la vecchia visse il resto dei suoi giorni tra le mura della calda e confortante capanna dell'ormai digerito Ciccietto, quando aveva fame non faceva altro che distendersi falsamente dolorante nel bosco circostante; in quei luoghi il pasto arrivava sempre.


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