giovedì 25 aprile 2024
Racconti di Fantascienza

L'ANGELO DELLA MORTE

La Morte si guardo' intorno esterrefatta contemplando il panorama di distruzione che la circondava. Rigagnoli di sangue spuntavano dai mucchi di cadaveri dilaniati da qualcosa... qualcosa che Lei non aveva scatenato. Si riunivano poi in un unico fiumiciattolo per andarsi a gettare nelle bocchette delle fogne intasate da materia cerebrale. Maschere ghignanti rivolte verso la luna erano state immortalate in un ultimo sorriso. Fili della luce tranciati di netto e finiti su corpi che avevano completamente carbonizzato. Un odore acre di carne bruciata riempiva le strade deserte, l'odore della Morte eppure non era stata Lei a volere una simile carneficina... di questo ne era certa.
Chi poteva aver compiuto un tale scempio?
La Morte avanzo' verso il punto in cui sentiva che avrebbe trovato il responsabile e allora avrebbe preteso da lui delle spiegazioni. Chi era, chi lo aveva mandato e soprattutto chi gli aveva dato il diritto di scavalcarla.
E poi lo vide. Li', fermo al centro della piazza, le ali insanguinate.
L'angelo della morte, l'ultimo ritrovato bellico della tecnologia robotica, alto poco piu' di due metri e dotato di ali di lamine affilate che squarciavano le carni senza lasciare via di scampo. Se ne stava li' sotto la luce innaturale dei lampioni in attesa di ricevere nuovi ordini, mentre il sangue si rapprendeva sul freddo metallo.
La Morte lo fisso' e poi se ne ando'. Aveva la sua risposta. L'Uomo l'aveva mandato. L'Uomo gli aveva detto di porsi al di sopra della Morte. Lui si era limitato ad obbedire.


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ALIENI

Arrivarono dalle stelle, di notte. Non desideravano comunicare con noi, solo divorarci. Ci fecero a pezzi con le lunghe zanne, stritolandoci tra i tentacoli. Soltanto all'alba si fermarono, finalmente sazi.
Risvegliati dal calore, dalla sabbia emersero allora i nostri padri. Folli di rabbia, con le chele serrarono i corpi molli degli Alieni e li uccisero con la punta velenosa delle loro code.
Al tramonto rientrammo nei nidi sotterranei, dove ci aspettavano le nostre Madri. La covata stava per schiudersi e presto la nostra razza avrebbe nuovamente popolato la Terra, dopo averla ripulita un secolo prima dagli Umani che la infestavano.


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Qui base aliena(ta). PASSO ...

Ore 6.30. La sveglia aveva suonato alla solita ora, come tutte le mattine
Quasi come un automa, seguendo riti e gesti consueti si era alzato, era
andato in bagno, si era lavato, vestito ed era pronto per uscire.
Si accorse subito, però, che quella non era una mattina come tutte le altre.
Aveva, tanto per cominciare, un mal di testa da impazzire. Poi . . .
arrivato davanti alla porta di casa, che era solito chiudere a chiave per
vecchie abitudini infantili, aveva infilato la chiave nella toppa e la
chiave non aveva aperto.
Aveva provato una volta. Niente. La seconda volta, con un po' più di
impazienza. Niente. Non riusciva proprio a capire. Aveva sempre chiuso a
chiave la porta, l'aveva sempre riaperta la mattina dopo.
Ore 7.00. L'orologio a muro gli mandava a dire che era gia in ritardo
di dieci minuti.
"Calma", disse fra sé, "se mi faccio prendere dal panico è peggio". Per
cui, dopo l'ennesimo sbadiglio, aveva rinfilato la chiave e aveva di
nuovo provato a far scattare la serratura. Niente di niente.
Uscire dalla finestra? Il pensiero balenò improvviso ma subito venne
ricacciato indietro. Al terzo piano di un condominio senza balconi e
scala antincendio ... gli sembrava un'impresa davvero ardua.
Che fare? Buttare le chiavi dalla finestra e sperare che qualcuno le
raccogliesse, per provare a farsi aprire da fuori? Si ricordò che non
aveva finestre che davano sulla strada. E poi non avrebbe mai affidato la
sua libertà ad uno sconosciuto.
Telefonare. "A chi ho affidato un secondo mazzo di chiavi? Ah sì, Luca"
si rispose dopo aver fatto mente locale. Il suo miglior amico. Provò a
chiamarlo.
Ore 7,20. "Speriamo che non sia già uscito per andare a lavorare!". Non
l'avrebbe mai saputo perché il numero risultava occupato. "Occupato a
quest'ora?" si disse fra se e se. E riprovò, convinto di aver sbagliato.
Occupato. Rinunciò. Stava solo perdendo tempo.
Chiuso a chiave dentro casa, con l'incubo di dover chiamare i pompieri
con annesso fabbro, di dover sfondare la porta per poter uscire ... .
Stava già impazzendo all'idea. Poi quel mal di testa ...
"Sei tu Giorgio? " una voce assonnata interruppe i suoi pensieri.
Chi è che lo chiamava? Si chiese. E a quel punto era veramente
frastornato. "Sembra la voce di Luca" pensò sorpreso. Si diresse allora, sempre più confuso, in
direzione di quella voce e trovò Luca, ancora sotto le coperte, che lo
guardava stupito:
"Che ci fai sveglio a quest'ora?" gli chiese Luca.
Lui, impalato davanti al suo letto, lo guardò senza capire. "Ma .. ma .
?" farfugliò imbarazzato e con la testa sempre più pesante
"Oh, ma che sei rimbambito'' Che ci fai già vestito come se dovessi
andare a lavorare?" Poi, visto che l'altro continuava a guardarlo a bocca
aperta, senza aspettare risposta aggiunse: ""Da ieri siamo in vacanza,
scemo! E' proprio vero eh, le vecchie abitudini ..." e rise
sonoramente. Poi smise di colpo. "Oddio, ho dimenticato di spegnere la sveglia
nella mia stanza. Ha suonato alle 6,30 come al solito, no? Che stupido! ...
Mi dispiace" provò a scusarsi.
Ora la sua testa stava veramente scoppiando "tu ... tu ... la sveglia
... la porta ... le chiavi
... " ma piano piano che parlava la fitta nebbia dalla sua mente stava
scomparendo e i ricordi cominciavano a fare capolino.
"Sì, tu ... tu ... occupato!" ironizzò Giorgio. "Secondo me devi essere
ancora sbronzo da ieri sera. Magari neanche ti ricordi che questa è
casa mia. Comunque se ci tieni ecco le chiavi . . . "
Il nostro amico prese al volo le chiavi e tirò fuori l'altro mazzo. Le
girò e rigirò tra le mani, osservandole quasi con sguardo maniacale.
Sembravano proprio identiche.
Luca invece osservava lui, dubbioso. Ancora non riusciva a capire.
Ma prima ancora delle parole ecco allora che una scrosciante,
fragorosa, interminabile, irrefrenabile risata riempì tutta la stanza, tutto il
palazzo, tutto il quartiere, tutta la città ... e, pensate, la sua eco
è giunta addirittura fino a noi, è entrata nelle nostre case, ha
svegliato i nostri sonni.


Questo è quello che può succedere se si vive in condomini formicai dove
tutte le case sono uguali, impersonali e, soprattutto, se avete amici
(nonché colleghi) che hanno i vostri orari, che copiano il vostro stile
e la vostra mobilia ... ma non la vostra serratura!

... E CHIUDO

Ore 8.30. Buon giorno mondo!



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Spazio, anno 2078: l'arrivo su Chador

Spazio . Anno 2038 , 9 Marzo.
Fresco di laurea in medicina ,era la prima volta che mettevo piede su un'astronave madre : era davvero immensa .
Il medico di bordo, un certo dottor Green , aveva contratto l'OISS ed io dovevo sostituirlo per i tre giorni necessari affinché si curasse .
La mattina di quello stesso giorno conobbi il comandante Nepal , di cui avevo sentito le mirabolanti imprese , e il suo primo sottufficiale , MR Giava .
Il comandante era un umano di bell'aspetto ,sulla quarantina ,e nei suoi occhi azzurri lessi subito una forza fuori dal comune , quel coraggio che a me era sempre mancato ; il suo sottufficiale ,MR Giava, apparteneva invece a una razza che mi affascinava non poco : era un Dreaming , poteva , quando ne aveva voglia , trasformarsi in un fiore e arrestare così le sue eventuali sofferenze o paure .
Avrei voluto approfondire la conoscenza ma ci fu poco tempo da dedicare alle presentazioni : alle 11:07 dieci astronavi Malcolm di dimensione A ci attaccarono senza nessuna spiegazione .

" Stanno colpendo il Settore 52…vogliono distruggere le nostre
carceri …", alle parole di MR Giava seguì un ologramma al centro della sala comando : apparve una donna bellissima , a detta del comandante Nepal incredibilmente somigliante a Rita Hayworth , un'attrice del passato che io non conoscevo.

"Non vogliamo farvi del male …Vogliamo solo i vostri prigionieri…
I cinque Vidor che dovete processare …Hanno ucciso Colui che guidava il nostro popolo da più di un secolo e ora vogliamo solo giustizia …"

"Giustizia o vendetta ? ", replicò con voce roca il comandante .

La bellissima Rita sparì all'improvviso e l'attacco continuò.

"Rispondere al fuoco con gli incrociati ", ordinò Nepal al secondo
sottufficiale, l'androide Fast.
Partirono dieci laser incrociati che colpirono e distrussero un'astronave Malcolm , ma nello stesso tempo subimmo gravi danni ai cannoni principali .
Cercavano di disarmarci e ci riuscirono .
Fast chiese al computer di bordo i danni umani e materiali :
MORTI 57 UMANI
REATTORE A Z DANNEGGIATI TEMPORANEAMENTE
MOTORE ABBOTT DANNEGGIATO IRREVERSIBILMENTE
MOTORE COSTELLO DANNEGGIATO IRREVERSIBILMENTE
COM :DDFTHGJUKLLKKLKL
kjjjj
Dopo aver perso anche il computer di bordo ,apparve di nuovo l'ologramma ;Rita si tolse un guanto nero e intimò : "Vi do cinque minuti per evacuare l'astronave …. addio…"
Consapevole che cinque minuti non sarebbero bastati per evacuare interamente il Delta 5 , Nepal ordinò a tutti di usare le Camere Crioniche :
io , lui e il primo sottufficiale ci incapsulammo in attesa del congelamento , che avvenne in pochi secondi .
La nostra capsula , insieme a quelle dell'equipaggio e dei prigionieri , fu espulsa un minuto prima che l'astronave madre venisse distrutta,
qualche capsula ancora oggi vaga nell'universo , ma la maggior parte raggiunsero la meta prefissata : il pianeta Chador .
Sapevo già di questo pianeta rosa: era abitato da donne diafane; queste portavano sul capo un velo nero e la notte il loro corpo diveniva praticamente invisibile all'occhio umano.
Chador era stato colpito nel 2038 da una tempesta radioattiva di dimensioni bibliche che aveva provocato la trasparenza notturna delle donne e la morte di tutti gli uomini del pianeta .
Le Diafane ci scongelarono con alcune gocce di glicerolo n_ Z e fortunatamente ci offrirono ospitalità.
Fu lì che vidi per la prima volta Nusia ; mi avevano da poco scongelato , tremavo come un bambino e lei venne a portarmi uno strano intruglio verde per scaldarmi . Si inginocchiò e mi porse la tazza , poi nella sua folgorante bellezza s'alzò e disse di voler parlare al comandante .
Le mie mani ,finalmente , non tremavano più ; mi tolsi la coperta e alzai gli occhi verso il cielo . Lì era come se il sole tramontasse
sempre.


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