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La festa di San Giuseppe

Le poche notizie che si hanno di Giuseppe sono quelle che si desumono dai Vangeli, dove Giuseppe è lo sposo di Maria Vergine e il padre putativo di Gesù.
Presentato nella genealogia di Gesù come discendente di David, forse nato a Betlemme (o a Nazareth) esercitava il mestiere di falegname (alcuni studiosi ritengono invece che esercitasse il mestiere di carpentiere).
Al tempo dell’editto di Erode, volto a condannare a morte tutti i bambini di Betlemme al di sotto dei due anni, insieme con Maria e con Gesù partì per l’Egitto. Alla morte di Erode si stabilì a Nazareth dove trascorse il resto della sua vita.
Il suo culto si diffuse piuttosto tardi in occidente e grazie a S.Tommaso, S. Geltrude e S. Brigida e, nel secolo XVI a S. Teresa di Gesù ma solo nel 1870 fu proclamato, da Papa Pio IX, patrono della chiesa universale (decreto 8 dicembre 1870 – Quemadmodum Deus). La sua festa cade il 19 marzo di ogni anno e fino al 1977 era una festa di precetto.
Nella tradizione popolare, San Giuseppe, sposo della Vergine Maria, è il santo protettore dei poveri e dei derelitti, poiché i più indifesi hanno diritto al più potente dei Santi.
In questo giorno, si ricorda la sacra coppia di giovani sposi, in un paese straniero ed in attesa del loro Bambino, che si videro rifiutata alla richiesta di un riparo per il parto.
Questo atto, che viola due sacri sentimenti: l'ospitalità e l'amore familiare, viene ricordato in molte regioni con l'allestimento di un banchetto speciale. Così in alcuni paesi della Sicilia, il 19 marzo di ogni anno, si usava invitare i poveri al banchetto di san Giuseppe. In questa occasione, un sacerdote benediva la tavola, ed i poveri erano serviti dal padrone di casa. In alcune città, il banchetto veniva allestito in chiesa, e, mentre due sacerdoti servivano i poveri, un terzo predicava per nove volte, tante quante le pietanze che venivano servite. Oltre a proteggere i poveri e le ragazze, San Giuseppe, in virtù della sua professione, è anche il protettore dei falegnami, che da sempre sono i principali promotori della sua festa.
La festa del 19 marzo è anche associata a due manifestazioni specifiche, che si ritrovano un po' in tutte le regioni d'Italia: i falò e le zeppole. Poiché la celebrazione di san Giuseppe coincide con la fine dell'inverno, si è sovrapposta ai riti di purificazione agraria, effettuati nel passato pagano. In quest'occasione, infatti, si bruciano i residui del raccolto sui campi, ed enormi cataste di legna vengono accese ai margini delle piazze. Quando il fuoco sta per spegnersi, alcuni li scavalcano con grandi salti, e le vecchiette, mentre filano, intonano inni per San Giuseppe.
Questi riti sono accompagnati dalla preparazione delle zeppole, le famose frittelle, che pur variando nella ricetta da regione a regione, sono il piatto tipico di questa festa. A Roma la preparazione delle zeppole, affiancate dai bignè di san Giuseppe, ha un fervore particolare. Nel passato, ad ogni angolo di strada era possibile trovare un banco di frittelle, e tutta la città era addobbata da decorazioni festive. E' infatti con la festa di san Giuseppe che si saluta definitivamente l'inverno e si comincia a sentire il profumo della primavera, così le vicende stagionali e gli antichi riti si uniscono con la festosità e la devozione dei cristiani.
Di questo rito è rimasto solo, in alcuni piccoli centri, l’allestimento di un grosso falò al quale viene dato fuoco in ricordo degli auspici di un buon raccolto. Invece, una usanza che si afferma sempre di più con il passare del tempo e con il miglior tenore di vita è di associare la "Festa di San Giuseppe" alla "Festa dei papà" quest’ultima arricchita di dolcissime prelibatezze quali le zeppole e i bignè di San Giuseppe e di piccoli doni che i bambini più piccoli preparano, insieme alle maestre o insieme alle mamme, per festeggiare con maggiore allegria l’amore per i loro papà.

 
 
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