venerdì 19 aprile 2024
Racconti di Psiche

IL SOGNO RIVELATORE

L’altra sera, come in una delle solite sere, dopo una sana chattata di quelle che ti liberano un po’ dentro, mi sono avvinghiato al letto con una stanchezza degna del miglior ROCKY IV al termine di un incontro.
E’ di sera che le idee che ho nella testa cominciano a prendere forma e probabilmente mi fanno prendere coscienza di parecchie cose, a tal punto da farmi provare il solito dolorino in mezzo al cuore, quel dolore impossibile da mandare via per quanto ci si sforzi e che non si capisce mai da dove possa arrivare.
Improvvisamente ha inizio il sogno… vedo lei, una ragazza che ho da poco conosciuto, ferita gravemente al piano terra di un grattacielo dopo un incendio impressionante. Riporta ustioni terribili che la rendono quasi irriconoscibile e accanto a sé ha la madre che la osserva disperata e con aria quasi rassegnata. Stanno aspettando un soccorso non bene identificato, quando dopo poco arrivo io. Vado in contro alla mia stellina con passo lento e non riesco a distogliere lo sguardo da lei. Mi chino per avvicinarmi e le dico: ”Amore….”.
A quel punto la bacio sulle labbra, anche se non riesco a distinguerle bene a causa delle ustioni. Sembra che il tempo si sia fermato mentre sono lì e non so che fare. Sento dei passi ed ecco avvicinarsi tre uomini distinti, vestiti in giacca e cravatta, con un impermeabile che li avvolge e gli conferisce con un’aria strana.
Si avvicinano alla mia stella circondandola e io mi faccio da parte pensando che siano dei dottori per non so quale motivo. Quando dopo pochissimi istanti si alzano, uno di loro mi passa vicino e facendomi un cenno con la testa mi fa capire che non c’è più niente da fare… la mia stellina sta per spegnersi per sempre.
Un urlo incredibile mi esce dal petto e quasi mi sento scoppiare i polmoni. Quel primo urlo è seguito da un secondo di pari intensità. Vado a casa senza capire cosa sto facendo e corro ad abbracciare il mio letto mettendomi a dormire in uno strano modo… è come se non esistessi più.
Del giorno successivo riesco solo a vedere me stesso sulla terrazza di non si sa che piano di un grattacielo. Poi un salto nel vuoto quasi a raggiungere la mia stella e anche la mia vita è finita.
Quando la mia solita sveglia mattutina mi fa piombare nuovamente nella realtà, ormai tutto sembra essersi compiuto. E’ come se il mio cuore avesse già interpretato il significato di quel sogno che mi ha sì turbato ma anche incantato. E’ come se egli avesse capito che qualcosa di stupendo mi sta per accadere e volesse tranquillizzarmi. Il senso di non compiuto e quella mancanza di qualcosa che mi accompagnano tutti i giorni sembrano essersi quietati.
Non so se esistono sogni rivelatori o sogni che sono in grado di aiutarci a prevedere un qualcosa di nascosto e misterioso che ci sta per accadere, ma ho la certezza che le nostre fantastiche visioni notturne hanno un significato profondo. E’ incredibile cosa riescono a fare.....suscitano sentimenti, emozioni, ci aiutano ad essere più forti, ci danno nuove spinte e nuovi stimoli, ci fanno riflettere su cose magari tristi…. o ci abbattono come colpi d’ascia inarrestabili.
Credo che ognuno riesca a sognare ciò di cui ha bisogno e credo che continuerò a sognare stelle per il resto della mia vita…


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Lo spirito dello specchio

Io sono una persona piuttosto "normale", ordinaria direi. La mia esistenza trascorre senza sussulti o turbamenti: il mio psicanalista però mi giudica bizzarro per certe mie manie, che secondo lui -quelle sì- sono anormali.

Succede che la notte, a volte, mi piace alzarmi e girovagare per la campagna, camminare nei cortili delle case, guardare - per quel che posso - ciò che accade nelle misere vite anonime. Gliel’ho già spiegato più volte: non sono un maniaco, un "guardone", provo un certo appagamento solo così, mi pare di poter riempire la mia vita con una parte di quella di altri. Ed è proprio in una di queste sere che conobbi quello che sarebbe diventato il mio grande amico: mi trovavo nel mezzo di un giardino in fiore, i profumi inondavano l’aria nel misto dei piccoli e infiniti rumori d’insetti notturni. Stavo rannicchiato protetto dalla larga ombra di un noce prodotta dalla violenza del lampione innanzi: quasi non respiravo, la padrona dell’abitazione mi stava davanti a pochi metri, quando da dietro sentii un fruscio anomalo, insolito (io, abituato a percepire i silenti rumori della notte, solo io potevo accorgermene), ma non mi voltai, non potevo: - salve, anche tu te ne stai in ginocchio qui? - Il sangue mi si ghiacciò, non potevo scappare, avrei dovuto giustificare la mia presenza, ammettere, in fondo, di non essere nient’altro che un violentatore dello spazio e dell’intimità altrui. Invece - con un tono basso di voce, non per costrizione ma più per un timbro naturale - mi spiegò che la mia era anche la sua mania, e che non ci trovava nulla di strano. Io ero sempre più terrorizzato, come poteva starsene tranquillo, perché la donna in piedi con la sigaretta accesa, doveva avere proprio mille crucci in testa per non udirlo, e non ci udì fortunatamente.

Di lì a poco, cominciai il mio bighellonare girovagando ogni notte, e sempre trovavo il mio - oramai così lo consideravo - amico Luca (questo il suo nome). L’unico mio cruccio era di non poterlo scorgere in viso, la segreta clandestinità del nostro agire non permetteva luci o altro, eravamo taciti complici, ne vedevo solo vaghe fattezze in un insieme di chiaroscuri di ombre e anche la sua vita era nascosta indefinita, e non mi interessava poi molto conoscerla. Mi perdevo piacevolmente in discorsi lunghi e contorti, trovando assensi o anche appunti contrari, ma sempre così armoniosi che alla fine spesso dovevo riconoscergli ragioni che non avrei mai pensato di ammettere: era come aver trovato la propria - come si suol dire a sproposito con un termine inflazionato - "l’anima gemella" con la quale confrontarmi, specchiarmi: ridevo come da tanto non facevo, mi liberavo dagli ossessivi problemi di tutta un’esistenza, mi riusciva finalmente di comunicare con un altro essere, senza remore o timori. Insomma. inutile dire che la mia mania notturna era passata in secondo piano ormai, uscivo di casa solo per trovare Luca.

Si era fatta estate inoltrata, la calura giornaliera si prolungava fino alle ore buie, io e Luca ci trovavamo a discutere seduti su di un prato, quando, non so perché, forse un tono di voce troppo alto, un uomo ci illuminò in viso con una torcia elettrica: -beh, chi sei? cosa ci fai qui? Sei un ladro?- Non potevo certo spiegargli che eravamo lì senza uno scopo preciso, una ragione nelle cose ci vuole sempre, così cominciai a correre e correre giù per i campi, senza voltarmi dietro. Mi fermai ansimante. Luca era dietro di me. M’avvicinai al ciglio della strada. Un lampione la illuminava di una luce stanca, pallida. Perché l’uomo prima parlava solo a me e non a tutt’e due? Volli finalmente guardarlo in faccia. Non era possibile. Aveva il mio stesso viso.

Allora sorrise, disse le sue ultime parole:- si, non spaventarti, non lo avevi capito ancora? Io sono te, sono le tue paure, le tue ansie e le tue speranze. Solo con me t’appagavi. quando mi hai trovato ti sei sentito vivo e pieno d’anima, finalmente. Ma ora che hai scoperto tutto, dovrò sparire come uno spirito, per sempre. - Io, allibito, tenevo lo sguardo in terra. Quando alzai gli occhi, lui già non c’era più.

Il mio psicanalista dice che la mia è fervida immaginazione, che devo uscire, scuotermi, dimostrare più disponibilità verso il modo circostante. Ma so bene che il mio spicchio di felicità rivelatomi si è dissolto come un fantasma, in una calda notte d’estate.


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